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Cile: Boric presidente, l’alba di un nuovo domani?

Abbiamo votato in oltre 8.300.000 di cittadini (la cifra più alta nella storia del nostro Paese)” dice Patriocio Barrientos.

La gente ha festeggiato in piazza con grande gioia e spera che le promesse di espandere e approfondire la democrazia, ridurre le disuguaglianze, decentrare il governo e l’amministrazione del Paese, riconoscere costituzionalmente le minoranze e popolazioni indigene siano realtà.

Così come spera ci sarà il sostegno e facilitazione per i lavori della Convenzione Costituente che definirà il modo in cui noi cileni amiamo il nostro Paese”.

Sono le ore immediatamente dopo la vittoria di Gabriel Boric, nuovo presidente del Cile, il presidente più giovane della storia del paese.

La responsabilità del nuovo governo è molto alta a causa del deterioramento delle istituzioni e della scarsa credibilità delle persone al loro interno.

Siamo felici e fiduciosi che il Paese supererà questi tempi difficili e creeremo un Nuovo Cile, più equo, più inclusivo, più solidale, più trasparente e molto più libero” aggiunge il presidente di Cabildo. Che la responsabilità sia enorme è dato anche dalla dimensione della festa che ha accompagnato la vittoria del nuovo presidente. Santiago del Chile è stata invasa. Le immagini delle persone in festa sono incredibili. Nel paese che è stato scelto per sperimentare le peggiori pulsioni del neoliberismo una generazione intera, due anni fa, si è alzata in ribellione, e con loro tante e tanti. Anche chi ha vissuto la dittatura e chi è scappato perchè vicino ad Allende. “Non sono 30 pesos, sono 30 anni” diceva gli studenti scavalcando i tornelli della metropolitana il 19 ottobre del 2019. E con loro il giorno dopo c’era di tutto, da uomi in doppio petto, a donne in carriera, passando per lavoratori e lavoratrici dipendenti. Una scintilla, due anni di lotta. L’obbligo per un presidente di destra come Piñera di “concedere” un referendum per chiedere se si volesse cambiare la costituzione, un referendum dove le destre sono uscite sconfitte e come sono uscite sconfitte il giorno della scelta popolare della conformazione dell’assemblea costituente. Poi è arrivata la paura, i conservatori hanno dato mandato ad un nostalgico di Pinochet e figlio di un nazista di guidarli, e fare presa sulla paura delle persone. Gridare al ritorno dei comunisti, raccontare di un paese che si sarebbe “venezuelizzato”, oppure supporre che con Boric al governo le piazze avrebbero continuato ad essere piene. La paura al primo turno ha vinto, al secondo ha vinto la speranza. Oltre 1milione di persone in più è andata a votare al ballottaggio, numeri alla mano è probabile che la stragrande maggioranza di questi abbia deciso di voltare pagina, e dare un segnale, non solo militante e di strada, al Cile di Pinochet, della paura, dei privilegi e del legame stretto con gli USA. Potrebbe essere, nuovamente, solo vane speranze, perchè abbiamo visto troppe volte i governi progressisti latino americani sciogliersi al sole, e prendere le distanze dai movimenti sociali, da quelli indigeni, femministi e dalle spinte della base. Ma resta una vittoria importante ed enorme che genera speranze e il sogno di una rottura paradigmatica con il passato. Non per nulla nella testa di molti sono risuonate le parole di una persona, Salvador Allende, le parole del suo ultimo discorso dalla Moneda, dove ha affrontato l’infamia del golpe e ha trovato la sua morte, era l’11 settembre del 1973, “Lavoratori della mia patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro nel quale il tradimento vuole imporsi. Sappiate che, quanto prima, si apriranno nuovamente grandi strade dove cammina l’uomo libero, per costruire una società migliore”. Non per nulla anche lo stesso neo-presidente ha deciso di citare Allende nel suo discorso d’investitura, e con lui Patricio Aylwin Azócar, il primo presidente eletto dopo la fine del comando di Pinochet.

Andrea Rivas, giornalista ed esule cileno, su Facebook scrive che per lui la vittoria di Boric da tre lezioni:

La prima è che il Cile ha dimostrato che, anche nel clima surriscaldato e confuso nel quale viviamo, è possibile vincere contro l’ opportunismo dell’ultradestra confrontandosi positivamente, senza avere paura della propria ombra, disputando i temi e l’inquadramento del dibattito, dando un senso alle cose dette, aprendo il campo politico invece di chiuderlo con pseudo alleanze aristocratiche disegnate sulla carta e solide quanto una scorreggia.

La seconda è che il Cile ha dimostrato che si può costruire la politica sul ciclo di mobilitazioni, conquiste e sconfitte che provengono dai decenni scorsi, correggendo comportamenti e politiche tanto quanto sia necessario per recuperare e mantenere vivo il legame con quel ciclo.

La terza, ma in verità è la prima lezione, il Cile ha dimostrato che si possono aprire orizzonti politici alternativi allo sfruttamento delle paure, dell’impotenza e della frustrazione che la crisi politica e sociale che ci attanaglia continua ad accumulare.

Intendo dire che in disputa ci sono altri futuri possibili e che possono essere articolati in modo credibile, convincente e vincente.

Resta da capire come e cosa le destre cilene e continentali metteranno in campo, partendo dall’importante numero di deputati che hanno e che non lasciano a Boric la maggioranza, e come il governo entrerà in relazione con i movimenti sociali che sono stati la colonna portante del percorso di piazza che sta disegnando la nuova costituzione da una parte e interpreta la voglia di cambiamento. A parte dal rapporto con i popoli originari, Mapuche in testa. Solo così, solo vedendo come Boric si muoverà, resisterà, rilancerà, coinvolgerà, e trasformerà si potrà capire se sarà l’alba di un nuovo mondo che rompe con l’eredità, diretta o indiretta, del golpe e del neoliberismo o una nuova sconfitta per il cambiamento. Per ora la certezza di cui gioire enormemente è la sconfitta del nazi-pinochetista.

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