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Paraguay, Guatemala, Argentina: elezioni e fase politica

Di Andrea Cegna

Aspettando le elezioni del 2024 in Messico, Uruguay e San Salvador, il voto, nel 2023, di Paraguay, Guatemala ed Argentina è atteso con molto interesse. La vittoria di Andrea Manuel Lopez Obrador, in Messico nel 2018, aveva rotto una seria di continue vittorie delle destre e così l’appiattimento continentale sugli interessi e narrazione egemone filo USA.

Non solo, ma anche a nuove sperimentazioni di dialogo tra componenti sociali e forze politiche. Il risultato, purtroppo, non pare distanziarsi troppo da quello “raggiunto” dalla stagione progressista di inizio secolo.

Ad un mese dalle elezioni (che saranno il 30 aprile), ad Asunción, una storica marcia contadina, indigena e popolare ha percorso le strade della capitale del Paraguay fino ad entrare in Plaza de la Democracia, dove centinaia di partecipanti hanno ribadito le loro rivendicazioni. “Purtroppo per 29 volte, anno dopo anno, abbiamo dovuto gridare e reclamare gli stessi problemi, la mancanza di terra, l’abbandono dei piccoli produttori” hanno detto gli organizzatori. Le elezioni nel piccolo paese Sud Americano sono una grossa incognita: se da una parte il Partito Colorato domina la battaglia elettorale da anni dall’altra c’è una sorta di crescente distanza dalla politica con anomali, come la marcia del 30 marzo, eventi il tutto unito ad una crescente critica alla corruzione nei partiti di potere. Così ad essere favorito sembrerebbe il candidato liberale della Concertación, Efrain Alegre. Il che significherebbe uno spostamento a sinistra del paese.

In Guatemala, dove si voterà il 25 giugno, e dove non si sono mai stati fatti i conti, realmente, con la guerra civile finita nel 1996 – che ha lasciato in eredità migliaia di morti e desapacerecidos – candidati e candidate alla presidenza sono 30. Sono però solo 3 realmente in corsa per la poltrona: Sandra Torres, data troppo presto come favorita un pò come accadde nel 2019 con la sconfitta finale, segretaria del partito “Unità Nazionale della Speranza”, il dottor Edmund Mulet di Cabal e Zury Rios, figlia del sanguinario generale Rios Montt, di Valor. Impunità, corruzione e assenza di giustizia sono sempre più all’ordine del giorno in Guatemala così come l’insicurezza, sociale ed economica, tanto che le elezioni non paio così sentite e la sfiducia nella politica è crescente.

Ma è una delle tre principali economie del Latino America la vera osservata speciale, ovvero l’Argentina. Pare difficile pensare che la coalizione di governo possa vincere nuovamente, non solo per le controversie legali di Cristina Kirchner. Le grosse mancanze del governo e i “tradimenti” sociali rendono scontenti quei settori, popolari e non, che hanno scommesso, e si sono spesi elettoralmente, per la sconfitta delle destre nel 2019. Nonostante le grandi responsabilità del passato e quelle macroscopiche del recente governo Macri, un ritorno delle destre parrebbe prossimo. L’ex presidente Macri non si ricandiderà, anche perché la sua stella politica è oggi poco lucente. Nella seconda coalizione del paese, Insieme per il cambiamento, sono l’attuale governatore di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta, l’ex ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, e la ex governatrice della provincia di Buenos Aires, María Eugenia Vidal i nomi che si giocano la candidatura alla presidenza del 22 ottobre 2023.

Per i conservatori latinoamericani la speranza è la vittoria in Argentina per arginare una serie di sconfitte che progressivamente sta facendo loro perdere spazio nel continente. Dall’altra parte però le grosse ambiguità dei governi di Lopez Obrador, Fernandez, Arce, Castillo (criticatissimo dai movimenti sociali prima della sua cacciata) e Boric, con conseguenti scontri tra movimenti indigeni, femministi e sociali con gli esecutivi. Governi che non alimentano particolari speranze di cambiamento soprattutto per i settori più deboli di società sempre più fiaccate dalle accelerazioni e sperimentazioni neoliberiste che negli anni a cavallo del cambio di secolo hanno attraversato quasi tutto il continente e che hanno messo una grossa ipoteca sul futuro del Latino America.

I governi progressisti di inizio 2000 non sono stati capaci di invertire la rotta, come ad ora, le nuove esperienze. Il che dovrebbe portare ad una discussione sugli spazi di democrazia oggi esistenti.

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