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Interviste

Bolivia: la lotta femminista e l’8/9 marzo 2020

Ancora un contributo sull’8 e 9 marzo in Latino America. Oggi siamo in Bolivia, dove tra poco più di un mese ci sarebbe dovuto essere il voto per le elezioni presidenziali dopo il golpe di ottobre ma non ci sarà a causa dell’arrivo della pandemia da Covid-19.

Abbiamo intervistato Knorke Leaf, Artista Urbana boliviana.

– Com’è andato il week end femminista 8/9 marzo in Bolivia?

Il 9 marzo è stato un giorno di lotta e un incontro convocato con un grande sforzo organizzativo. Con una maggiore varietà di pensieri, sentimenti, lotte e creatività rispetto agli anni precedenti. La necessità di trasformare lo spazio di marcia in uno spazio di potente creatività che nasce dall’individuo e dal collettivo è sempre più sentita.

In altre parole, le donne non parlano solo attraverso slogan, manifesti e discorsi, ma parlano attraverso i loro corpi, i loro vestiti, le loro maschere, le loro gonne, la loro creatività.

Quest’anno c’è stata anche una maggiore disobbedienza e frustrazione collettiva per l’indifferenza sociale riguardo alla violenza sui nostri corpi. Quest’anno c’erano molte donne che sprayavano messaggi per terra e invadevano un monumento con molti messaggi di insofferenza. Esigenza du giustizia e socializzazione perché i nostri corpi sono il nostro primo territorio di lotta e decisione.

La marcia era composta da donne di diverse classi sociali. Tra queste sindacati di operaie edili, collettivi indipendenti, eco-femministe, barricate, artiste, musiciste, artigiane, padrone di casa, molte insegnanti.

Esiste anche in Bolivia Non una di meno?

Non so se in Bolivia esiste Non Una Di Meno come in altri paesi.

Penso che il processo in Bolivia sia diverso. Si svela con el tempo.

Le lotte femministe in Bolivia hanno sempre avuto un contenuto sociale e disobbediente molto forte.

In questo contesto la dimensione comunitaria attraversa le nostre riflessioni come quella anticoloniale o indigena. Questo fa si che le lotte siano diversificate e molto complesse. In tal senso è difficile uniformare  con un nomee o un solo proposito le lotte femministe in Bolivia.

Ciononostante penso che l’8M sia uno dei pochi spazi in cui si ritrovano donne che provengono da percorsi di lotta distinti.

Per me le lotte femministe in Bolivia si stanno ancora rinforzando tramite la cura, le azioni, le lettere, i video, gli incontri, le conferenze, l’arte, siamo ancora in un processo di ascolto dell’altra e di presa di coscienza della realtà. Il prossimo passo che germinarà a breve sará l’autodeterminazione. A questo punto molte di noi avranno identificato con chiarezza cosa ci opprime, cosa significa machismo a partire dal quotidiano o dall’amore romantico, come ci attraversa il sistema patriarcale e coloniale. Cosa significa essere meticcia con antenati indigeni. Cosa significa essere chola o cosa significa essere femminista bianca in Bolivia. Sono alcune delle riflessioni. E soprattutto cosa significa il femminismo come proposta politica. Cosa significa essere donna in Bolivia.

Cosa pensa il movimento femminista degli ultimi mesi di Bolivia?


Questi ultimi mesi e anni sono stati estenuanti per noi. E di grandi insegnamenti. Siamo stati testimoni negli ultimi 10 anni di come il capitalismo selvaggio si è formato nel paese con la complicità di un discorso di sinistra. Abbiamo visto come le lotte indigene siano state corrotte dal pre-vendalismo, siano state divise e persino represse con il primo governo indigeno. 

Abbiamo vissuto con un silenzio tenebroso mentre siamo circondate da uomini alfa al potere e piccoli tiranni che decidono e giudicano i nostri corpi e le nostre morti. 

In questi lunghi anni abbiamo capito che non possiamo separare la lotta per le donne dalla lotta per la terra. Entrambi subiscono la stessa violenza e degrado sistematico.

Per me questo si riassume in Ecocidio = Femminismo, stessa matrice corrotta e violenta.

Abbiamo visto alcuni mesi fa lo scoppio di decisioni sbagliate di un governo guidato dall’orgoglio e la cecità di potere, che ha dimenticato di ascoltare e discutere. 

I mesi di ottobre e novembre sono stati mesi di grande dolore per noi. Abbiamo ricevuto tante minacce. Dalla lotta per il potere. Dalla riduzione semplicistica dei fatti accaduti con le dimissioni del presidente, colpo di stato o frode. Entrambi riassumevano la storia del nostro paese con termini insufficienti fino ad oggi e in buona parte maschili. Quello che è successo in Bolivia non è stato solo A o B.  

Non è riducibile a una questione di destra o sinistra.

Abbiamo visto con dolore come il capitalismo ha ulteriormente approfondito le lacune di razzismo, misoginia, omofobia, machismo. Abbiamo capito che in questa lotta di galli non c’è spazio per le nostre riflessioni come donne. 

Quindi non è completa.

E questo indebolimento non è stato solo sperimentato da noi, ma anche da molte comunità e popolazioni indigene. 

Il risultato di questo falsa ma reale polarizzazione e confronto della Bolivia in termini di A o B genera maggiore sfiducia, maggiore rottura sociale, maggiore violenza, maggiore paura. Cosa stiamo cercando di fare al riguardo? Durante questi mesi, ascoltarci, ascoltarci e ascoltarci. 

Anche le riflessioni politiche sono state interrotte da ottobre, abbiamo reso visibile quanto fosse spaccata l’attività politica.

Le conseguenze più gravi sono state vedere donne femministe che difendevano Evo o il partito nonostante le sue incoerenze e il machismo recalcitrante. Abbiamo visto come settori della destra fascista e conservatrice siano usciti a intimidire donne indigene nelle piazze sotto il nome di Resistencia Cochala. Dove c’è una tale mancanza di storia, colonialismo, sbiancamento e rabbia che questi settori non capiscono nemmeno che il termine Resistenza è un termine storico per eccellenza delle lotte indigene. Abbiamo visto come gruppi di anarchici, sociologi e intellettuali in mezzo a tutta questa confusione hanno preferito difendere l’indifendibile in un partito che si è scavato la fossa. Delegittimando e mettendo a tacere i discorsi e le riflessioni di compagne che non volevano cadere in un dibattito semplicistico sulla frode o il colpo di stato. Peggio ancora, ascriversi a “o pensi come noi o sei il nemico di destra o populista. 

In tal senso le nostre riflessioni passano dalla cura dell’ascolto, dei sogni, del savoir-faire. Abbiamo cercato di ricostruire i fatti con così tanti pezzi dispersi e occulti. Abbiamo dovuto ricorrere al nostro intuito e in quell’intuizione collettiva sappiamo che in questo dibattito e sensazione di essere orfani che ha attraversato il paese, stanno emergendo correnti estreme fasciste e razziste di cecità e violenza.

Un discorso che ci aiuta a dialogare è parlare della madre terra e dei semi. 

Il degrado dei nostri ecosistemi a favore di un modello omicida è un discorso innegabile. 

Quando riflettiamo sulla violenza verificatasi negli anni con governi di sinistra o di destra, ci rendiamo conto che entrambi hanno una visione patriarcale obsoleta e utilitaristica della terra. Nessuno può negare che i nostri fiumi 10 anni fa avevano pesci e che le montagne avevano la neve. Il discorso ambientale è altrettanto potente del discorso femminista, ma ha il grande vantaggio di essere inclusivo a livello di genere e di essere qualcosa di più palpabile e comprensibile. Cosa intendo con questo. Ad esempio, la questione dei femminicidi in Bolivia ha attualmente la categoria di allarme rosso, ma vediamo ancora una grande indifferenza sociale e l’impunità di questo problema perché sembra accadere a porte chiuse, lontano o solo ad altr*. Invece gli incendi nella Chiquitania a nord di La Paz, Tunari, Sama sono eventi a cui tutti abbiamo potuto assistere con grande preoccupazione. La mancanza di acqua è la stessa; la sua influenza è innegabile.

Quindi penso che il discorso più urgente e potente oggi per noi sia parlare dei nostri diritti, ma anche dei diritti della terra se vogliamo la comprensione, benessere e l’evoluzione del dibattito politico.

Cosa pensi del parlamento delle donne?

Il parlamento delle donne è stato per noi uno spazio assolutamente necessario. 

Come ho detto prima si tratta di uno spazio in cui ci sentiamo ascoltate con rispetto nonostante le differenze. Senza dubbio è un esercizio che deve continuare a essere replicato perché ci ha dato maggiore chiarezza, maggiore empatia, umanità e forza. Siamo circondate da donne potenti e meravigliose che il più delle volte non hanno l’opportunità di parlare. Il parlamento delle donne a livello nazionale è stato senza dubbio un soffio di speranza e forza per noi. Ringrazio profondamente le donne che l’hanno creato e organizzato e tutte le donne che hanno provato coraggio, paura, tristezza e frustrazione davanti al microfono.

Cosa sta facendo il governo contro il Covid-19?

Penso che Covid19 sia un virus molto carismatico che ci offre grandi opportunità per ripensarci come umanità e anche per ripensare quanto siamo interdipendenti nell’equilibrio degli ecosistemi. 

Il governo ha adottato misure positive come la sospensione delle lezioni e la quarantena, ma è difficile da adattare le misure europee a un paese come la Bolivia. In questo senso, l’arrivo del virus non significa solo una maggiore pressione sul precario sistema sanitario, significa pressione sulla stabilità economica e sulla tensione politica dovuta alle elezioni anticipate. Significa enfatizzare di nuovo le grandi divisioni di classe, la femminilizzazione della povertà, la vulnerabilità dei settori più precari e capire come questo paese ha più del 60% della sua popolazione che lavora nel settore informale. Quindi non è un compito facile rispettare la quarantena. 

Stiamo riflettendo a partire da diversi punti importanti che sono stati dimenticati dall’agenda standard della quarantena.

1. Il sovraccarico per le donne ai tempi della cuarentena.

2. La violenza domestica e una maggiore esposizione di donne e madri a subire violenze ai tempi della quarantena.

3. Chiediamo una quarantena fatta di empatia e cura reciproca NON uno stato d’assedio con minacce militari e prigione.

4. Chiediamo garanzie e aiuti sociali per gli anziani che vivono in strada

5. Vogliamo sapere come stanno affrontando la quarantena le donne delle pulizie negli ospedali, nelle strade, nei supermercati, nei mercati. Almeno gli viene data una attrezzatura da lavoro adeguata, guanti e mascherina? Dal momento che è un settore prevalentemente femminile e con salari precari.

6. Chiediamo al governo di transizione di abrogare urgentemente le leggi e i decreti che incoraggiano una maggiore deforestazione e saccheggi per l’espansione della frontiera agricola e l’introduzione dei transgenici nel paese. Dal momento che è stato provato scientificamente che il degrado delle foreste e il contatto ravvicinato con le specie selvatiche per la tratta generano epidemie. È un’emergenza. Perché tra due mesi entriamo nella stagione secca e sono già scoppiati degli incendi.

7. Infine, chiediamo al governo di transizione che agisca in modo sociale, responsabile e impegnato senza toni di propaganda politica o minacce ai civili.

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