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Interviste

Cile: Pancha Fernández: “resistiamo nelle strade e non le lasceremo mai più”

Di María Torrellas, Resumen Latinoamericano, 11 marzo 2021

Traduzione di AnnaMaria Pontoglio

L’8 marzo in Cile è stato caratterizzato da una grande marcia a Santiago e da altre manifestazioni nei quartieri e in tutto il Paese. In Plaza de la Dignidad le donne sono state represse violentemente dalla polizia. Per parlare di questa giornata abbiamo contattato la nostra compagna Francisca “Pancha” Fernández, antropologa, femminista e attivista del Movimiento por el Agua y los Territorios (MAT) oltre che promotrice per la nuova costituzione.

– Come hai vissuto questa giornata?

– Molto contenta, come molte compagne; è stato un 8M di massa in periodo di restrizioni sanitarie, ma la peggiore pandemia del mondo è la violenza patriarcale. Siamo soddisfatte di esserci organizzate e di essere uscite in molti modi. Molte non hanno potuto raggiungerci ma da casa hanno partecipato dai social indossando le loro bandane, altre hanno sfilato, danzato, in quella molteplicità di forme che c’è sempre.

– Dalla stampa alternativa ho visto che la manifestazione è stata grande, ha percorso la città e rifletteva tutti i femminismi e le rivendicazioni. Tra le donne si è vista anche molta rabbia.

– Eravamo migliaia, a differenza di altri anni non abbiamo fatto calcoli perché volevamo traboccare dalle strade. Ed anche così eravamo in migliaia ovunque. A Santiago c’erano più di 40 concentramenti oltre a Plaza de la Dignidad. Abbiamo rivendicato lo sciopero femminista nella necessità di recuperare questa lotta storica del popolo che è lo sciopero. Certo, questo riguarda alcune compagne perché non tutte lavorano e non tutte possono scioperare. Ma intendiamo lo sciopero come strumento di sovversione o di rovesciamento dell’ordine, per questo ci siamo appellate allo sciopero attivo, in casa e nelle faccende di casa. Abbiamo invitato le donne a mangiare insieme, a mettersi in rete per badare alle figlie e figli di altre compagne, per esempio; in questo giorno di non rifare i letti ma solo di indossare la tua bandana. Come vedi, ci sono molti modi di scioperare. Questo anno anche sui temi storici, come la fine della violenza patriarcale. Ma anche su due assi centrali come la fine dei femminicidi che si sono intensificati in tutto il mondo, soprattutto in America Latina, ed anche la fine della violenza e della repressione. E qui sono all’ordine del giorno da sempre. Ci sono denunce tremende; un gruppo di compagne dicono di essere state abusate sessualmente dai carabineros, obbligate a sesso orale. Stiamo investigando su questo e facciamo mobilitazioni per esigere lo scioglimento dei carabineros. Non possono continuare così.

– Ti ricordi in Messico, ad Atenco nel 2007, dove ci furono violenze sessuali sistematiche sulle compagne da parte dei poliziotti. Le forze di sicurezza, così mal definite, ci stanno per questo, per punire le donne che lottano.

– Certo, si chiama violenza politica sessuale, gli organi repressivi dello stato ci violentano, ci abusano, ci molestano e dobbiamo tenere ben chiaro che si tratta di violenza strutturale. Ora stiamo organizzando e cercando precedenti, proprio come nella notte dell’8M, c’erano compagne con trauma oculare. Le aggressioni, la repressione e le violenze contro la gente che si mobilita e la dissidenza, in questo caso le donne, sono all’ordine del giorno. Per questo siamo così arrabbiate.

L’8M ha un carattere ribelle e festivo perché esprimiamo il nostro scontento, ma anche la speranza. Tuttavia, insistiamo che il tema della repressione è ormai troppo rilevante che dobbiamo denunciarlo gni giornoe dire BASTA! 

– Abbiamo visto nei video dei media alternativi come le giovani compagne sono state violentemente represse in Plaza de la Dignidad, e come hanno resistito in maniera eroica.

– La cosa importante è che si è formata una Prima linea di lotta, di resistenza nei territori di fronte alla repressione, è una Prima linea diversa. Chiamiamo così le persone in prima linea che resistono alla repressione dei Carabineros de Cile. Ma attenzione, loro permettono che le altre persone possano mobilitarsi in Plaza de la Dignidad, a Santiago e Plaza de la Revolución, a Valparaíso.

Inoltre questa Prima linea è formata da diversità sessuali, donne, ragazzine, anche se purtroppo c’è la tendenza a mostrarla masclina. Ma ci sono donne, sorelle, madri di carcerati e prigionieri politici che sostengono le mobilitazioni senza sosta. Quello che succede l’8M è quello che succede da tempo, resistiamo per le strade e non le lasceremo mai più.

– Questo 8M si unisce ad altre date della rivolta, con la richiesta di liberazione delle prigioniere e prigionieri politici e la domanda forte di smetterla di arrestare le persone che protestano.

– Molto importante, perché purtroppo in Cile puoi restare in carcerazione preventiva, senza accuse specifiche, anche per un anno. Molte persone stanno ricevendo condanne, ragazze e ragazzi di 18 o 20 anni si ritrovano condanne dai 9 ai 15 anni, è una follia. C’è criminalizzazione, classismo e l’ingiustizia delle caste. Mentre chi ha violato i diritti umani è libero, in molti casi grazie a montature ed in altri per legittima difesa. Per questo lottiamo giorno dopo giorno per ogni causa. Si fanno sempre presidi fuori dai tribunali. Alcuni giorni fa, prima dell’8M si è commemorato un anno dalla morte di Cristian Valdez Benito, un operaio di una città del  comune di Puente Alto, a Santiago. È morto per mano dei carabineros che gli hanno sparato in testa una bomba lacrimogena. Si ricorda qualche giorno prima dell’8M in Plaza de la Dignidad, la gente decide con la famiglia di partecipare e viene fermata e arrestata. Questa è la persecuzione di cui stiamo parlando.

– A te non sembra che il movimento di donne e differenze che sta manifestando sia la lotta più potente che esista in questo momento contro il patriarcato, il capitalismo, il razzismo e contro la depredazione della madre terra?

– Direi di sì, è un femminismo ancorato al territorio, ancorato ai movimenti sociali, ancorato alle città. Non è un solo femminismo, appartiene a donne, donne afro, migranti, dalla lotta socio-ambientale, dal femminismo sindacalista, un femminismo popolare e contadino. È trasformazione e ambito di critica strutturale e sono onesta, in questo processo di cambiamento costituzionale ci sono molte donne di destra o di settori del Frente Amplio che si dicono femministe ma che di femminismo non hanno niente C’è un femminismo assolutamente liberale che non pensa alle trasformazioni, ma è oppressore e pensa solo all’uguaglianza e omologazione delle donne e non critica il capitalismo, il colonialismo e l’estrattivismo. Una fonte di mobilitazione globale è un femminismo ancorato in distinti femminismi, che si ancora al mondo che vogliamo creare e costruire. È importante rimarcare, inoltre, la critica al femminismo liberale standardizzato.

– Fai parte della lotta per i territori, contro l’inquinamento per salvare la terra, per l’acqua come diritto pubblico e, sulla vostra stampa, ho visto un’altra rivendicazione che riguarda la riforma agraria; parlami di questo.

– Parliamo di recuperare e difendere le risorse naturali, per questo dobbiamo porre fine alla privatizzazione e mercificazione dell’acqua risultato di una legge varata nel 1980, con la costituzione di Alberto Pinochet e ancora oggi vigente. Ma da tempo, con l’introduzione di altre forme di economie nell’agroecologia, è nata l’attenzione sui semi ed è emersa l’idea di riforma agraria per cui si sta lottando negli ultimi due anni. Ma in chiave anti-estrattivista, in chiave di difesa dei diritti della Natura. Non è l’idea di riforma agraria classica, che la terra è di chi la lavora, ma la terra è parte dell’identità nei territori. È un’altra maniera di rapportarci alla Natura. Quindi, deve nascere preponderante la lotta di classe dalla campagna per un altro modo di produrre, distribuire e consumare in quei territori. È una riforma agraria che si ripensa dalla sostenibilità ed organizza il suo ambiente e la vita che si vincola nel marco della de-patriarcalizzazione. È una riforma agraria pensata profondamente sulla critica all’estrattivismo.

– Si può aggiungere la lotta delle comunità e dei quartieri per la sovranità alimentare senza fertilizzanti tossici?

– Certo, la lotta per la sovranità alimentaria è tremenda. Saprete che, purtroppo, l’accordo di pace firmato dalla destra e dalla sinistra dice che, nonostante la creazione di un processo costituente per la nuova costituzione, si possono aggiungere i processi di libero commercio. Quindi questa settimana di nuovo presentano al Congresso con carattere d’urgenza il trattato TPP11, un accordo trans-pacifico commerciale che serve solo ad acuire la precarizzazione e la flessibilità del lavoro oltre che l’inquinamento e la depredazione del territorio. Per esempio, c’è un punto dove si permette una coltivazione sperimentale accanto ad altre che lottano contro il seme transgenico. La sovranità alimentare mette in discussione la modalità capitalista ed estrattivista che viene dalla modernità che è per lo sfruttamento, il controllo e il dominio della natura.

– Gli stati stanno governando con multinazionali come Monsanto e Bayer che sono dentro le università argentine. È difficile lottare contro gli OGM se dalle università dicono che va tutto bene perché questo aumenta la produzione e ci permette di avere molto più cibo. È una lotta davvero dura. Un altro aspetto generale Pancha, come vedi l’avanzamento della rivolta, come espressione popolare di tanti segmenti della società, non solo donne e giovani, ma di classi lavoratrici e classe media?

– È difficile analizzare la rivolta perché ci siamo ancora dentro. Questa è una rivolta con più conflitti, come la pandemia, la repressione e il processo costituente che ci impongono  forti restrizioni, con forti barriere e con partiti che si perpetuano da anni e che continuano a fare le stesse cose.

In questo momento politico siamo di fronte alla sfida della pandemia, della criminalizzazione e invisibilizzazione dei movimenti sociali. La rivolta si sostiene con organizzazioni, con le assemblee, ma non sono le stesse in tempi di pandemia. Qua dobbiamo osservare nostre regole sanitarie, perché lo stato non ci cura. Teniamo incontri e assemblee territoriali online, continuiamo ad organizzare le vite, si tengono mense comuni, e continuiamo a preservare le nostre proprie organizzazioni.

Dalla sede del Coordinamento dell’8 marzo, per esempio, abbiamo fatto l’incontro virtuale de las y les que luchan. Ci organizzeremo durante l’anno, la rivolta si regge sull’organizzazione, che si regge sulla manifestazione. I venerdì della Plaza de la Dignidad continuano ad essere emblematici, anche in altri punti del Cile. Ma dobbiamo fare un grande balzo per una proposta di vera ed efficace trasformazione. Ci sono molti problemeni. C’è un alto tasso di disoccupazione e un rapporto di un mese fa rivela che le famiglie più ricche si sono arricchite di più durante la pandemia, tra queste la compagna di Piñera. Il momento che viviamo non è semplice. Ma la mobilitazione ci riempie di orgoglio, ci sostiene, senza tanto afflusso di gente, ma andiamo avanti e questo è molto potente.

Trascrizione: Julia Mottura

Testo originale: https://www.resumenlatinoamericano.org/2021/03/11/chile-pancha-fernandez-resistimos-en-las-calles-y-no-las-vamos-a-largar-nunca-mas/

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