Dopo la vittoria e l’entrata al potere del presidente Boric è arrivata l’estate e con essa un rallentamento nella politica cilena. L’occasione però è stata utile per tornare a parlare con il dirigente Mapuche José Huenchunao, portavoce del Coordinamento delle comunità in conflitto Arauco-Malleco (Cam), e con lui guardare ai processi in corso nel paese.
Cosa pensi di Boric e della sua presidenza?
Penso alla storia e alla struttura dello stato del Cile. La storia dice che i diritti del popolo Mapuche non sono mai stati rispettati in Cile. La struttura dello stato cileno continua ad essere capitalista, colonialista e neoliberista. È con questa caratterizzazione della realtà che il governo Boric assume il mandato. La continuità della vita mapuche non dipende dal governo al potere ma dipende dalla riconquista dei diritti legittimi, che solo il nostro popolo ricostruirà, sulla base delle lotte e della strategia che si sviluppa. Comprendendo il problema strutturale e gli interessi del grande capitale per le risorse naturali presenti nel nostro territorio, il nostro futuro concreto è quello di continuare a resistere a politiche genocide e all’intervento delle grandi imprese e del loro sistema.
Però una donna Mapuche, Elisa Loncón, è stata alla guida dell’Assemblea Costituente per diversi mesi, non è importante?
Nel bene e nel male, riconosco la rilevanza simbolica che ha generato la presidenza di una donna Mapuche a capo dell’assemblea costituente, sarà però la storia a dire se tale ruolo sarà stato importante. Secondo me, la presenza di un Mapuche, in questo caso, sia esso donna o uomo, crea un problema e una contraddizione storica per il popolo della nazione Mapuche: perché all’interno dello stato cileno c’è una logica persistente che nega i nostri diritti fondamentali, come il diritto al territorio e all’autonomia. La situazione del popolo Mapuche dentro lo stato è critica, perché ad oggi non siamo riconosciuto come popolo. È impossibile per un popolo-nazione vivere sotto un dominio permanente, vivere subordinato agli interessi di una struttura esterna. Ogni popolo ha bisogno di vivere in libertà per svilupparsi autonomamente.
Mi viene in mente il periodo in cui Venancio Coñuopan fu designato Ministro della terra e della Colonizzazione durante il governo di Carlos Ibáñez del Campo tra il 1952 e il 1953, periodo in cui la situazione di spoliazione delle terre e del territorio Mapuche si fece critica. Ora le persone con discendenza Mapuche che partecipano alla vita politica del Cile partecipano ad un storia perpetua di ingiustizia che si basa sul non riconoscimento dei diritti legittimi del nostro popolo. Il diritto al territorio e all’autonomia è un diritto legittimo che non si può svendere
Vorrei valorizzare questi ultimi vent’anni poiché le speranze di una vita degna per il popolo Mapuche sono a riaffiorare. Ciò coincide con il riaffiorare delle lotte autonomistiche delle comunità per difendere i propri territori. Prima di questa nuova stagione di speranza, c’è stato un periodo buio dove dominio ed espropriazione hanno superato il limite massimo ed eravamo sul punto di scomparire come popolo. Siamo stati invasi da aziende forestali, turistiche e minerarie. La cultura Mapuche era, di fatto, in via di estinzione, a cuasa della colonizzazione in primis ideologica. Attualmente si stanno ricostruendo sia i margini territoriali che culturale, ora ci sono diversi progressi, si può parlare di controllo autonomo del territorio, e dello sviluppo dell’autonomia in termini di salute, educazione, economia, ecc.
Pare che nella costituzione che proporranno ci sarà una norma che dispone l’autogoverno dei popoli originari. Che ne pensi?
C’è un’iniziativa presentata dai membri dell’assembla costituente affinché sia riconosciuto che il Cile è un paese multinazionale. Un paese dove i diritti dei popoli originari siano rispettati. Questo sarebbe, nel caso, nel quadro della futura costituzione politica cilena. Personalmente, guardo con distanza questa iniziativa perché c’è un lungo iter prima che possa diventare legge costituzionale. In più il testo proposto dovrà essere votato dalla plenaria della Costituente. E’ una cosa che abbiamo già visto alla fine della dittatura in Cile, negli anni ’90, quando fu presentato un testo giuridico che riconosceva i popoli originari, quel testo fu stato elaborato insieme a diverse comunità indigene. Alla fine, quel testo, divenne una legge che “sanciva” che i popoli indigeni avessero uno status di seconda classe. Ecco perché devo vedere per credere. Non ho fiducia che attraverso il percorso istituzionale si possano recuperare i diritti dei popoli. Al contrario, c’è il pericolo che il nostro destino rimanga subordinato a un’istituzionalità estranea alle aspirazioni e alla struttura del nostro popolo-nazione.
Può esistere un Cile i/le Mapuche possono avere il diritto di essere Mapuche?
Ipoteticamente si può pensare che i Mapuche possano vivere in Cile. Ma la realtà e la storia dicono il contrario. In Cile noi mapuche esistiamo solo perché c’è una storia di resistenza. Dall’arrivo dei primi colonizzatori, il nostro popolo ha lottato per difendere i suoi diritti, il suo territorio, la sua autonomia, e così è stato fino ad oggi. La decisione dei nostri eroi Mapuche è stata quella di non arrendersi mai e le diverse generazioni hanno combattuto fino ad oggi per preservare il loro status di popolo e di nazione. Oggi una parte importante della nostra assume quest’eredità.
Esiste un legame tra voi e altri gruppi indagine in resistenza?
Nel corso della resistenza, passata e attuale, ci sono sempre stati dei collegamenti. Il nostro popolo si è dato diverse forme organizzative, a seconda delle condizioni che dovevano affrontare. Oggi ci sono organizzazioni come i lof (forma di organizzazione specifica di alcune zone del territorio Mapuche) così come altre modalità di organizzazioni politiche/organizzative che si sono costituite durante il processo di resistenza e ricostruzione del popolo Mapuche.