di Andrea Cegna
Un 13 agosto di 500 anni fa cadeva la città di Tenochtitlán e sulle sue macerie fu costruita quella che oggi chiamiamo Città del Messico. Hernán Cortés, arrivato 2 anni prima in città, il suo esercito supportato da locali anti aztechi, fiaccarono la resistenza di Tenochtitlán solo al termine di una sanguinosa battaglia. Ben pochi dei circa 250mila abitanti della città sopravvissero alla violenza degli invasori e la città fu distrutta e data alle fiamme. Il colonialismo europeo mostrava il suo volto violento, la corona spagnola usurpava le ricchezze locali grazie anche alla messa in schiavitù delle popolazioni indigene.
Dalla presunta scoperta delle Americhe alla conquista manu militari di quelle terre passano meno di 30 anni; in quel trentennio si mettono le radici per il colonialismo nel continente. Da una parte la riduzione in schiavitù e dall’altra le malattie portate in terra americana dai conquistadores generano una moria generalizzata delle popolazioni indigene e così una loro importante riduzione. Per sfuggire dalla schiavitù e dalla morte in molti si rifugiarono in territori impervi e così iniziarono a ricostruire le proprie comunità e riprodursi senza fondare nuove grandi città e centri di potere. Questa fuga ha permesso alle popolazioni indigene del continente di salvarsi.
Così l’enciclopedia Treccani riassume la complessità della resistenza indigena lungo i secoli: “Le popolazioni indigene hanno costituito un problema sociale fin dagli inizi dell’epoca coloniale e durante tutto il processo di formazione dei nuovi Stati nati dalle rivoluzioni nazionali antispagnole dei primi anni dell’Ottocento. Infatti, ogni riforma sociale e ogni tentativo di modernizzare i paesi dell’area, e soprattutto le loro regioni marginali, hanno costituito una sfida per le strategie politiche e sociali degli strati dominanti, perché dovevano fare i conti con le popolazioni indigene che, private di buona parte dei propri territori, si sono mostrate resistenti, nonostante le pressioni ricevute, ai tentativi di assimilazione – linguistica, economica e sociale – nelle nuove società nazionali. Dopo secoli di contrasti e di tentativi più o meno forzosi di assorbimento delle diverse componenti etniche, le società politiche della maggior parte dei paesi dell’America Latina hanno ammesso in epoca recente il pluralismo etnico e culturale come caratteristica fondamentale delle loro formazioni sociali, riconoscendo anzi in esso una ricchezza nazionale da salvaguardare”.
Le resistenze indigene, come scrive la Treccani, sono oggi una realtà importante nel dibattito politico latino americano. Il “pluri-nazionalismo” è stata una conquista in diversi paesi del continente, mentre in altri c’è il riconoscimento della presenza dei popoli originari. In entrambi i casi non è certo finito lo scontro tra i governi nazionali, le politiche neoliberiste ed estrattive e le popolazioni indigene che difendono terra, tradizione e cultura. L’indigenismo è diventata anche una chiave di narrazione e di pratica di vita alternativa a quella egemonizzata del capitalismo.
Il processo è stato certo lungo e dopo le formidabili insorgenze di fine 1800 e inizio 1900, però fiaccate e stroncate, è con l’inizio della rivoluzione zapatista del 1° gennaio 1994 in Chiapas, Messico, che l’istanza indigena torna a crescere e piano piano arriva ad essere ciò che è ora.
Anche per questo, ma non solo, ad ottobre 2020 l’EZLN, lanciando la Gira por la Vida, scrisse “il 13 agosto 2021 – 500 anni dopo la presunta conquista di quello che oggi è il Messico (…) parleremo al popolo spagnolo. Non per minacciare, rimproverare, insultare o chiedere. Non per domandare di chiederci perdono. Non per servirlo o per servirci. Diremo al popolo spagnolo due semplici cose: Uno: Che non ci hanno conquistato. Che continuiamo nella resistenza e nella ribellione. Due: Che non devono chiederci di perdonarli di nulla. Basta giocare con il lontano passato per giustificare, con demagogia e ipocrisia, i crimini attuali e in corso: l’omicidio di attivisti sociali, come il fratello Samir Flores Soberanes, i genocidi nascosti dietro megaprogetti, concepiti e realizzati per la felicità dei potenti – cosa che flagella ogni angolo del pianeta -, il supporto economico e l’impunità per i paramilitari, il mercanteggiamento di coscienze e dignità con 30 denari”.
E così oggi, alle ore 20:00 a Madrid, ci sarà una manifestazione europea.