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Il Cile cambierà la costituzione?

Di Andrea Cegna

Domenica 25 ottobre potrebbe essere una data storica per il Cile. E’ la data fissata, dopo lo spostamento da aprile, causa pandemia, per il referendum per il cambio della costituzione. Le grandi, variegate e articolate proteste dell’ultimo anno, festeggiate domenica scorsa in quel 18 ottobre che nel 2019 vide iniziare una rivolta generalizzata contro le scelte politiche della recente storia del paese, hanno obbligato il governo di destra di Pinera ad aprire alla possibile riscrittura della costituzione, scritta sotto la dittatura di Pinochet. Doppio è il quesito referendario: il popolo di Cile dovrà decidere se aprire o no il percorso costituente, e anche su come gestirlo. Si dovrà decidere se a riscrivere la costituzione sarà una convenzione democratica totalmente eletta, o se per un 50% ci saranno rappresentati dei partiti tradizionali.

Anche il Partito Comunista cileno ha deciso di appoggiare la consultazione per voce del suo presidente, Gillermo Teillier, secondo cui è stato il vasto movimento popolare, e giovanile, ad aprire la strada al processo costituente. L’ex presidentessa Michelle Bachelet, oggi Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha detto “immagino che nessuno abbia dubbi che io sia per l’approvazione (della nuova costituzione) e anche per la convenzione costituzionale” per riscriverla. Nelle ultime ore sono in molti, anche da destra, a spendersi a favore del voto per il cambiamento, forse perchè i sondaggi dicono che il 70-80% dei cileni e delle cilene voteranno perchè venga scritta una nuova costituzione. Più delicato, e meno scontato, l’esito sul meccanismo costituente con la convenzione totalmente eletta ad ora avanti di pochi punti. 

Dopo che domenica 18 ottobre, nell’ambito delle iniziative per festeggiare l’anniversario dello scoppio delle proteste sociali nel paese, si è svolto un moltitudinario corteo nella capitale, ci sono state nuove manifestazioni, lunedì 19, in numerose città del Cile. Tra queste: Valparaíso, Concepción, Viña del Mar, e Coquimbo. 

Per l’inedito movimento cileno il plebiscito è un passaggio centrale, ma per molti non sufficiente. Le critiche al sistema economico e al “laboratorio Cile” sono più ampie e profonde. Allo stesso tempo è, una sorta di patrimonio comune, che la richiesta di cambio costituzionale sia nata dentro alle mobilitazioni popolari e per questo l’ “apruebo” è obiettivo di tutte e tutti. Tanto che le piazze di domenica e lunedì hanno scandito slogan ed esposto striscioni proprio sul plebiscito.

Per Rodrigo Andrea Rivas, giornalista e scrittore, esiliato in Italia dal 1974, la consultazione di domenica “rappresenta un inizio”. Infatti “ la costituzione di Pinochet ha sospeso il tempo e la democrazia per 40 anni. Pinochet l’adoperò per dieci anni. Negli altri trenta è stata usata dai governi democratici, essenzialmente di centrosinistra. Meglio non dimenticarlo. Immagina un campionato di calcio che dopo una sospensione di quarant’anni – 10 senza speranze e altri 30 anni con speranze sempre minori – vede schierati in campo l’arbitro, i guardalinee ed i 22 giocatori ma senza la palla per fischiare l’inizio. Ecco “Apruebo” è la palla”. Il giornalista continua “arrivato l’Apruebo la partita può avere inizio. Non conosciamo il risultato ma possiamo giocare, ed i cileni possono vincere questa partita che, senza enfasi, è una partita per la vita. Detto altrimenti, il plebiscito è fondamentale. Non è un regalo bensi il frutto di una mobilitazione di dimensioni inedite. Tuttavia, non va caricato di significati magici. Bisogna vincerlo e bene. La vita dirà il resto”

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